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La demenza di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che mina progressivamente la memoria, la capacità di ragionare, l'autonomia della vita quotidiana. La demenza è una patologia complessa in quanto età-correlata : l'elevata variabilità dei sintomi determina spesso un ritardo nella diagnosi e contestualmente una mancata tempestività delle misure terapeutiche e/o farmacologiche, volte a ritardarne l'evoluzione o alleviarne i sintomi. La malattia è inarrestabile e inguaribile. Esistono e sono prescrivibili cure farmacologiche sintomatiche per i sintomi cognitivi e per i sintomi comportamentali. Secondo Dale E. Bredesen la malattia di Alzheimer non insorge perchè il cervello ha smesso di funzionare per declino passivo della funzionalità ma, al contrario, insorge quando il cervello risponde come dovrebbe a un certo tipo di neurominaccia producendo sostanza AMILOIDE, che è neurotossica per le sinapsi. Pertanto si tratta di una risposta protettiva a tre pricipali neurominacce rappresentate da: INFIAMMAZIONE determinata da scorretta alimentazione, INFEZIONI o altre cause e PERDITA O CARENZA di nutrienti, ormoni o altre molecole a supporto del cervello. In uno studio condotto dal prof. Franco Berrino si è giunti alla conclusione che i diabetici hanno un rischio circa doppio di ammalarsi di demenza di Alzheimer. Alcuni scienziati sono arrivati a denominare la demenza di Alzheimer diabete di tipo 3. Nel 2002 il Prof. Umberto Veronesi (allora ministro della Sanità), autorizzò l'uso di due farmaci che inibiscono l'enzima che distrugge l'acetilcolina nelle sinapsi (l'acetilcolinesterasi). La speranza era che aumentando la concentrazione di acetilcolina si potesse sopperire alla debolezza dei neuroni colinergici. Non ci fu una grande risposta farmacologica. Nello studio del Prof. Berrino, invece ad un gruppo di malati di Alzheimer fu proposto di cambiare dieta. Fu tolto pane bianco, purea di patate e salumi, che causano diabete, e latte e formaggi che, che aumentano il morbo di P.arkinson. Fu introdotta pasta e fagioli e tutte le altre meraviglie gastronomiche della dieta mediterranea. I cereali integrali, fragole, mirtilli, noci, nocciole, mandorle e un consumo moderato di bevande alcoliche (non più di tre bicchieri al giorno), proteggono dalla demenza di Alzheimer. Bevande zuccherate,chi ha la pancia in età media, alti valori plasmatici di omocisteina, uso di tabacco, apnea notturna e alti valori di colesterolo “cattivo” (LDL), aumentano il rischio. Sono protettivi anche la lettura e le relazioni sociali. Studi su modelli animali (roditori) e osservazioni cliniche preliminari suggerisco che il digiuno intermittente e la dieta mimadigiuno possa essere efficace per prevenire il morbo di Alzheimer e per ridurne i sintomi. Il digiuno, infatti, da un lato riduce l'infiammazione, dall'altro attiva l' AUTOFAGIA, il processo per cui le cellule nervose potrebbero rimangiarsi le proteine anomale (per es. AMILOIDE) che hanno depositato al loro interno.

Quando il re Nabucodonosor trasferì a forza il popolo di Israele a Babilonia, fra i deportati c'erano anche Daniele e altri giovanetti di famiglia nobile. Il re ordinò che fossero istruiti nella scrittura e nella lingua dei Cadei e assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua tavola per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino delle sue banchetti e chiese al capo dei funzionari di esentarlo. Questi esitava, ma Daniele disse:” Mettici alla prova per 10 giorni, dandoci da mangiare cereali e legumi e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re. Egli acconsentì e fece la prova per 10 giorni; terminati questi, si vide che loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re( Daniele 1;3- 16). Basandosi su questo passo della Bibbia , vari gruppi cristiani degli Stati Uniti praticano una forma moderna del digiuno di Daniele, che consiste nel consumare, per 21 giorni, esclusivamente frutta, verdura, cereali integrali, legumi, noci e altri semi, olio . Oltre a tutti i cibi animali sono esclusi tutti gli alimenti trasformati dall'industria, farina bianca, conservanti, additivi, dolcificanti, aromi, caffeina e alcol. Uno studio su 43 volontari del digiuno di Daniele ha misurato varie parametri fisiologici prima e dopo i 21 giorni riscontrando una diminuzione significativa del colesterolo totale e LDL, della pressione sistolica e diastolica l'insulina, della resistenza insulinica della proteina C reattiva. Anche il colesterolo buono (HDL) si è ridotto, ma in grado minore. La capacità antiossidante del siero è aumentata significativamente e si è osservata una riduzione della malonildialdeide (un marker di danno ossidativo). Si è anche osservata una lieve perdita di peso.

Si sa che lo zucchero danneggia le cellule del sistema immunitario e che le bevande zuccherate facilitano l'insorgenza di malattie infiammatorie: periodontiti, stomatiti , coliti, cistiti e bronchiti . Si è subito saputo che la pandemia di COVID-19 uccideva soprattutto i diabetici , gli obesi, gli ipertesi i cardiopatici e in generale chi aveva la glicemia elevata . Molti studi clinici, la maggior parte condotti in Cina hanno confermato che la glicemia elevata è associata ad elevata mortalità per COVID-19 . La stessa osservazione era stata fatta nell'epidemia causata da altri due coronavirus, il Sars -Cov1 e il MERS Ma qual è il meccanismo con cui la glicemia elevata aumenta la probabilità di infettarsi e la gravità della malattia? Lo ha chiarito uno studio condotto presso l'università di Losanna . Perché il virus possa attaccarsi ai recettori delle nostre cellule (gli ACE-2) le sue proteine spike( le punte della corona del virus) devono essere glicosilate, cioè coniugate con catene di zuccheri che le stabilizzano, e tanto è più alta la glicemia tanto più facile e la glicosilazione . Anche i nostri recettori ACE-2 devono essere glicosilati per legarsi alle proteine spike del virus e permettergli di entrare nelle cellule . Il liquido surfactante che riveste gli alveoli polmonari, dove avvengono gli scambi gassosi , contiene varie sostanze che proteggono dai virus (lectine, lattoferrina, beta- difensina, proteine surfactanti) e contiene pochissimo glucosio (10- 12 volte meno concentrato rispetto al plasma). In caso di di iperglicemia però , la concentrazione aumenta e il glucosio compete con il virus per legarsi alle proteine difensive, perciò il virus rimane libero di infettare . Il glucosio inoltre, riduce la capacità delle cellule dell'infiammazione ( i granulociti neutrofili, i macrofagi) di inglobare e distruggere il i virus. Il glucosio, inoltre , aumenta la viscosità del liquido alveolare e bronchiolare e del muco, quindi inceppa il meccanismo con cui i bronchi si liberano dalle sostanze estranee, dei virus e dei batteri (le cellule ciliate che spostano il muco verso l'esterno).